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Un passaggio nella selva (foto Carlos Sanchez)«Il grottone scorre placido e ampio qualche metro sotto il campo, trafora i cerros, propaga i suoi rami come le radici del mamey. E proprio come le diramazioni vegetali, è invisibile. Vaghiamo da giorni nel fango di questi sentieri per cercarne gli ingressi, ma il vuoto si beffa di noi. Siamo in piedi già alle sei, spinti dall’insonnia da fuso orario; poco dopo l’alba facciamo le squadre sorseggiando un caffè intorno al fuoco: quattro andranno verso le terre lontane di Tres Marías insieme a due guide; qualcuno cercherà di individuare un grottone segnalato nei pressi del rancho Valle Acosta; qualcun altro caricherà i pesanti zaini su un cavallo e si avvierà verso nord, nella zona cosiddetta della Soledad, per montare un campo avanzato e tentare di raggiungere la mitica confluenza tra il Rio Negro e il Rio La Venta.

La Junta, il sogno di arrivarci in due giorni attraversando la foresta da sud a nord, per una pista da aprire a colpi di machete. Grandi scarpinate, chilometri e ore di sudore. Ma il lavoro pesante lo fanno le guide, instancabili, aprono varchi nel groviglio vegetale, affettano liane per berne l’acqua dolcissima, inseguono gli animali buoni da mangiare e schivano quelli che potrebbero mangiare noi. Nauyaca letali e imponenti boa, lucertole e migali, formicai brulicanti di pruriti, zanzare che non danno tregua. Qualche volo di colibrì. E poi fango, fango, fango.

La radura è attraversata da un torrente che si perde in un buco impraticabile laggiù, poi riemerge a valle e viene nuovamente inghiottito. Una gruviera, però inaccessibile. Tasselli del grande mosaico che c’è qui sotto. Che ci deve essere. La Grande Grotta è un millepiedi gigante a testa in giù, le sue zampette affiorano nella terra bagnata, molle e fradicia di pioggia. Il miriapode procede nella selva, attraversa lentamente il calcare. Col suo multipasso sornione può impiegarci mesi o anni, e infine sfocia da qualche parte nel Rio La Venta.

Sarà lui a decidere quando lasciarci entrare. E in questo, davvero, le grotte sono tutte uguali. In ogni angolo del mondo.»

Natalino Russo.

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