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La spedizione, svolta nei mesi di febbraio e marzo 2011 nell’isola di Palawan, ha visto la partecipazione di ben 30 speleologi italiani, uno spagnolo e un belga, oltre alla collaborazione dei ranger del Puerto Princesa Subterranean River National Park e di alcune guide locali.

Grazie alle recenti esplorazioni, il complesso del Subterranean River raggiunge ora uno sviluppo di circa 34 km. Una risalita al termine di una diramazione nella parte iniziale del fiume sotterraneo, esplorata da speleologi filippini del Gaia Exploring Club, ha infatti portato alla scoperta del fantomatico collettore orientale, la cui esistenza era stata supposta sulla base di considerazioni di carattere idrogeologico e strutturale.

Al momento sono stati esplorati 4 km di grandi gallerie, più varie diramazioni laterali per almeno altri 500 m. La galleria principale, dedicata all'anniversario della nascita del nostro maltrattato paese (150 Years Gallery), presenta lunghi tratti di dimensioni eccezionali, con zone splendidamente concrezionate e ricche di eccentriche. In alcuni tratti è stato necessario togliersi le scarpe e camminare scalzi, per non danneggiare le cristallizzazioni, mentre in altri si è dovuto porre dei nastri delimitatori, per indicare la strada che limitasse al minimo i danni alle zone più concrezionate. La galleria termina in una vasta sala allungata, dedicata al grande esploratore Ferdinando Magellano, che proprio nel mare di Palawan perse la vita nel lontano 1521.

Sempre all’Underground River è stato rifatto il rilievo dell'affluente degli Australiani, con la scoperta di nuove diramazioni laterali, per quasi 2 km di sviluppo totale.

Altre sorprese sono venute dal vicino Little Underground River, che aspettava dal 1989 una nuova visita. In questa grotta, che è “little” solo se paragonata al suo fratello maggiore, sono stati rilevati oltre 3 km di gallerie, con tratti a tubi epifreatici di particolare bellezza.

In totale sono stati rilevati quasi 10 km di grotta, di cui circa 7-8 km di nuove esplorazioni.

Sul fronte esterno, sono state fatte ricognizioni nelle zone alte del settore sudorientale del massiccio del St. Paul, scoprendo diverse doline di grandi dimensioni ed alcuni ingressi. Purtroppo le difficoltà logistiche non hanno permesso un’indagine più accurata che questa zona, che rimane una delle più promettenti della dorsale.

Altre ricognizioni sono state fatte nel settore settentrionale. Qui è stato sceso un pozzo di una settantina di metri di profondità e aperta la strada per accedere ai vasti pianori ricchi di depressioni e inghiottitoi che caratterizzano la zona prospiciente alla costa.

Infine, a pochi giorni dal rientro in Italia, è stata raggiunta la vetta del Mount Saint Paul, cima alta 1028 m che, per quanto ci risulta, non era mai stata salita in precedenza. Al di là del risultato in sé, che premia 22 anni di ricerche in questa zona, la salita alla vetta ha permesso di tracciare la strada per future ricerche nel settore alto del massiccio, dove una valle sospesa ospita diversi inghiottitoi stagionali ad oltre 700 m di quota, e pozzi aperti a quasi 900 m s.l.m.

Parallelamente alle esplorazioni sono stati condotti rilievi topografici esterni con GPS differenziali ed eseguite ricerche scientifiche inerenti: le mineralizzazioni, la meteorologia ipogea, le microforme di corrosione, la geochimica delle acque e le forme ipogee legate alle oscillazioni del livello del mare.

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