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La selva nei pressi dell'Ombligo (foto Luca Sgamellotti)Oggi vi racconto un pezzo di selva e un frammento di vita là dentro per undici giorni. Sono appena rientrato in Italia insieme a Paolo Forconi. I due spagnoli, Carlos Sánchez e Cecilio López, si sono uniti al resto della spedizione in Chiapas. Luca Sgamellotti, il fotografo della spedizione, trascorre alcune giornate ulteriori in Messico tra spiagge e incontri con fotografi naturalisti.

L’idea di quest’anno era di entrare in selva per aprire nuove picadas (sentieri tagliati nella vegetazione, ndr) per lavorare su alcune grotte e per imbastire un inizio di documentazione foto e video che potesse raccontare il meraviglioso luogo che ci sta ospitando ormai da anni.
La logistica è stata pazientemente preparata da Lucas Ruiz, nostro grande amico e collaboratore, nonché socio, che si è fatto in quattro.

La bocca del sotano al mattino (foto Luca Sgamellotti)Ma l’anno scorso le grandi piogge hanno causato un poverissimo o scarso raccolto, per cui quest’anno buona parte dei locali era intenta nel lavoro del campo e nella raccolta dei prodotti, dipendendo la loro sopravvivenza proprio da tali raccolti. Questo fatto ha scoraggiato la partecipazione degli amici locali che solitamente ci accompagnano, dandoci una mano nel trasporto dei materiali. Sicché ci siamo ritrovati a fare tutto il lavoro da soli, prevedendo tra l’altro una permanenza prolungata nel fitto della selva, a molte ore di marcia dai villaggi.
Ciò ha comportato la rinuncia a parte dei nostri obiettivi.

Tuttavia il gruppo ha dimostrato di avere una gran voglia di continuare a vivere le esperienze all’interno della selva. Aiutati dal solo Lucas, abbiamo lavorato come potevamo.

Ci si consulta al fondo dell'Ombligo (foto Luca Sgamellotti)L’anno scorso avevamo raggiunto una strettoia in fondo all’Ombligo. Era promettente, e quest’anno l’abbiamo superata. Ma il passaggio successivo è realmente troppo pericoloso. Il sótano ci sta quindi proponendo il suo fondo?

Torniamo a casa un po’ con la coda fra le gambe. Mentre uscivo dalla selva mi frullava dentro la parola ‘fallimento’. Ne ho parlato coi miei compagni di spedizione, e – al rientro in Italia – con gli altri membri dell’associazione. Loro invece dicono che nel processo di ricerca è fondamentale anche questo. Dicono che è grazie a questo lavoro che conosciamo meglio la selva e l’ambiente fantastico che custodisce. La pensano così anche i funzionari della Reserva El Ocote, con la quale il legame si rinsalda sempre più.

Mimetismo (foto Luca Sgamellotti)Portiamo dentro di noi, ancora una volta, gli insegnamenti della foresta. All’uscita, durante il cosiddetto ‘ritorno alla civiltà’, dopo undici giorni di isolamento, ci sentiamo benissimo: siamo carichi dell’energia derivante da un’esperienza veramente privilegiata, e dalla consapevolezza di aver vissuto un tempo altro, denso di piccoli grandi avvenimenti, in grande armonia tra di noi e con l’ambiente. La pioggia incessante che cade durante la notte, il fragore assordante di un terremoto che ha causato una frana nel sótano proprio accanto al nostro campo, l’incontro con molti animali, la vegetazione e il magico muovercisi dentro, la spettacolare erosione del calcare. Queste immagini, queste sensazioni restano scolpite dentro di noi.

Luca ha iniziato a sentire la selva, a vederla e inquadrarla nel suo mirino nel modo che la selva stessa vuole. Sappiamo che è un buon segno. La selva ci sta dicendo qualcosa, anche se non sappiamo ancora cosa. Saranno forse le prossime missioni a consentirci di portare fuori il suo messaggio.

Siamo ogni volta, un po’ di più, parte di quel mondo.

Gianni Todini

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