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samarcanda_2011_001Ancora poche ore e partiremo per Samarcanda, Boysun Tau e, forse, Ulugh Begh, sospesa nel vuoto del grande muro. Esattamente vent’anni fa un gruppo di speleologi italiani si lanciava in quell’avventura che avrebbe fatto sognare generazioni di speleologi: l’esplorazione delle grotte di alta quota dell’Asia centrale. Quel gruppetto era composto di fatto da coloro che subito dopo avrebbero dato vita all’associazione La Venta, persone amiche e motivate, unite dal sogno di poter rendere l’esplorazione geografica il principale obbiettivo del proprio vivere.
Sono passati vent’anni, tante cose sono cambiate. Le cartine geografiche sono state riscritte, i confini non sono più gli stessi, la storia ha fatto il suo corso e quella terra che prima era parte della CSI ora è l’Uzbekistan. Anche le facce sono cambiate, nuovi speleologi russi dell’Associazione Speleologica Uraliana hanno deciso di cimentarsi di nuovo con quelle difficili montagne. Tra loro, come allora, qualche italiano. Esploratori che nel 1991 avevano meno di dieci anni, bambinetti che mai avrebbero immaginato dove sarebbero potuti finire in questi anni duemila così diversi.

Ma le motivazioni sono rimaste immutate. Ed è questo quello che conta: esplorare, conoscere, cimentarsi con luoghi sconfinati, immensamente più grandi e complessi delle nostre possibilità. Affrontando anche la convivenza con una speleologia diversa dalla nostra come quella russa, fatta di grandi sacrifici e progetti apparentemente impossibili.
Non so cosa riusciremo a realizzare, due soci la Venta, Alessio ed io, insieme con Marco Zocca speleologo del GSPadovano. Certo è che sarà un viaggio a rivedere luoghi che non abbiamo mai visto realmente, ma che abbiamo immaginato in anni di letture e racconti. Vedere quella parete, le lande desolate dell’altopiano spazzato dal vento. Osservare le catene di montagne dove si dirama Boy Bulok, il meandro infinito, la grotta più profonda dell’Asia.
Sarà certo un riavvicinarsi lento e anche difficile. Non disponiamo dell’elicottero per gli spostamenti, ma solo di qualche asino (compresi noi) che porterà il materiale fin sotto alla parete. Tutto sarà più difficile rispetto a vent’anni fa, nonostante la tecnologia e le conoscenze acquisite. Forse a quelle grotte lontanissime non ci arriveremo neanche. Ma solo il fatto di provarci, di tornare dove non siamo mai stati realmente, ci fa sognare.
Manderemo nostre notizie a Corrado tramite il satellitare Isatphone Intermatica, anche se difficilmente riusciremo a mandare foto, dato che saremo sperduti oltre i 3500 metri di quota.
Cesco

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