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Un campo La Venta sui tepui (foto V. Crobu)

Di ritorno da un viaggio di lavoro a Berlino, come di consueto, ho sorvolato le Alpi. Era l’ora del tramonto. La luce radente evidenziava le nuvole colmandole di ombre scure. Il movimento dell’aereo le faceva spostare piano. Vi si aprivano forre profonde e cupe, fugaci crepacci che cambiavano lentamente prospettiva, e sul cui fondo si vedevano le cime e le creste, anch’esse intense e vicine per la luce di taglio. Ombre affilate si proiettavano sulle valli sottostanti.
Viste dalla distanza di un aereo, queste montagne sono proprio piccole. Stanno lì, a portata di mano, facilmente raggiungibili, come tutti i luoghi del pianeta in cui si può arrivare volando. Stanno nel cuore del cosiddetto vecchio continente, a poche ore di macchina dalle principali città europee. Ma per chi ci va a piedi sono posti remoti, montagne tra le più difficili. Le montagne di una vita di uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi.

Walter Bonatti, nato nel 1930, dedicò gli anni della sua gioventù a scalare montagne difficili, stabilendo primati incredibili. Non fu mai un agonista in senso stretto, eppure primeggiò spesso. Ancora giovanissimo, nel 1954 partecipò alla famosa (e famigerata) spedizione italiana al K2. In quell’occasione sopravvisse a una notte in alta quota, insieme ad Amir Mahdi. Della diatriba nata coi suoi compagni di spedizione, Compagnoni e Lacedelli, si è parlato e scritto a lungo.
Dopo la solitaria invernale sulla parete nord del Cervino, Bonatti, ancora trentacinquenne, lasciò l’alpinismo estremo per dedicarsi ai lunghi viaggi avventurosi, che raccontò in libri e reportage memorabili. Le sue storie sono ambientate in deserti e montagne, nelle distese infinite dell’Antartide, nelle foreste dell’Amazzonia, sui Tepui della Guayana. Per tutta la vita, instancabilmente, ha continuato a inseguire luoghi lontani, a sognare gli spazi aperti e l’avventura come modo di essere. Per il suo carattere spigoloso ha avuto moltissimi ammiratori, ma anche molti detrattori.
La nostra associazione è composta soprattutto da speleologi, ma anche da alpinisti e camminatori, cioè viaggiatori. Molti di noi hanno letto i libri e le storie di Bonatti, e sono stati rapiti dal suo modo pulito di vivere e di raccontare. E così anche noi, col pretesto di andare per grotte e per montagne, abbiamo iniziato a viaggiare. Gli siamo grati, quindi, e avremmo sempre voluto dirglielo.
Ma siamo in ritardo. Walter Bonatti se n’è andato all’improvviso. Aveva 81 anni e ancora tanti progetti.


Grazie Walter.

Natalino Russo

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