Blog

Le pareti del Canyon del Rio la Venta (Alessandra Cappuccini) Click per ingrandireAvete ragione nemmeno una lumaca può metterci tanto. Però...
A volte la vita è più lenta di una lumaca ma anche molto più strana. Capita, a volte, di tornare tanti anni dopo in un posto dove si è già stati. Ma mai prima d'ora mi aveva trasmesso sensazioni così diverse da quelle che si provano normalmente in spedizione.
Sedici anni. Tanti quelli da cui non vedevo le pareti del cañon del Rio la  Venta. Sedici anni. Tanti per un essere umano. Pochissimi per quelle pareti, per la selva che le sovrasta, per l'acqua che vi scorre.

Sedici chilometri tra andata e ritorno per arrivare alla Cueva San Vicente. Sedici chilometri tra campi di mais poi selva e dirupi. Sedici chilometri di sudore e fatica. Una nuova grotta, trovata in questa spedizione del 2011 ancora da esplorare e rendere parte di questo grande sogno.
La grotta di San Vicente (Foto Alessandra Cappuccini) Click per ingrandireEppure sedici chilometri che riescono a renderti felice non solo stanco, a darti emozioni non solo muscoli doloranti.
La grotta, seppure interessantissima dal punto di vista speleologico, idrogeologico ed ambientale, riesce anche a passare in secondo piano.
La cosa più strana è che sedici anni dopo mi ritrovo di fronte a quelle pareti con lo stesso cappellino di allora.
Un segno del destino? Un deja vu? Un sogno? Forse soltanto una casualità per un razionalista come me.
Rilievo della Cueva San Vicente (Leonardo Colavita) Click per ingrandireEppure questo, tra i tanti viaggi fatti in questi anni tra queste montagne e questa gente, mi trasmette serenità.
Finalmente capisco che pietra, acqua e selva non sono cambiate assolutamente in sedici anni.
Io, invece, in sedici chilometri, capisco che sono più vecchio, che il mio tempo è differente, più veloce, più frenetico, forse inutilmente sprecato.
E capisco che queste pietre, questa acqua e questa selva possono stabilizzare questo tempo così veloce in pochi chilometri di spazio.
Tornerò ancora. Più vecchio io, sempre uguale loro.
Ma sempre in equilibrio come la prima volta.
Grazie a loro e grazie ai miei amici di allora che sono ancora quelli di oggi con cui torno qui.
Anzi, per dirla in linguaggio Tzotzil, "Kolavat" (=grazie).
Probabilmente loro le comprenderanno meglio in questa lingua che per secoli e secoli gli ha fatto compagnia.
E che ora fa un po' compagnia anche a me...

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Cookie policy