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Siamo alla terza settimana di spedizione. Stiamo rispettando i tempi nonostante qualche inconveniente che comunque in spedizione è sempre da mettere in conto. La vita è frenetica: biologi, geologi, fotografi, operatori, speleologi, far convivere le esigenze di tutti a volte è davvero complicato. Ma grazie allo spirito di gruppo ci si riesce.

E il programma molto fitto per terminare questo studio nell’area del Parco Nazionale dell’Underground River a Puerto Princesa è ben dettagliato. Gli accordi internazionali prevedono una serie di attività specifiche che porteranno ad un miglioramento delle conoscenze sulla grotta e quindi ad un suo uso turistico ancora più responsabile nel piccolissimo tratto aperto al pubblico. Inoltre questo studio diventerà la base di tanti altri lavori di ricerca da completare una volta rientrati in Italia.

 

Una parte molto importante, direi fondamentale è il trasferimento di conoscenze e capacità agli speleologi filippini, non solo locali ma provenienti da vari gruppi nazionali. Tecniche di progressione, di rilievo, di documentazione che porteranno speriamo ad una crescita dell’intero movimento speleologico.

L'ultima notazione va all'esplorazione ed alla topografia di molte nuove gallerie che hanno portato questa grotta a superare ormi i 35 chilometri.

Leo Colavita

Valle sospesa

Son passati 6 anni e ci troviamo di nuovo qui, in questa improbabile valle sospesa a oltre 700 m di quota, sui contrafforti orientali del Saint Paul Dome. Nel 2011 ci eravamo arrivati dopo due giorni di avvicinamento tra instabili blocchi calcarei indovinando un canalone di rocce arenacee che si era rivelato l’unica via di accesso alle zone sommitali della montagna. La “valle” l’avevamo vista dall’alto intuendo la possibilità che vi potessero essere degli ingressi di grotta. Sulla via di ritorno mi ero staccato dal gruppo seguendo una incisione appena accentuata sino a trovarmi di fronte il nero di un grosso inghiottitoio.

Quella immagine mi era rimasta impressa nella mente per questi sei anni, mentre la fantasia aveva col tempo disegnato una sequenza di pozzi e sale concrezionate sino al livello del mare e una improbabile giunzione con in grande fiume sotterraneo che scorre laggiù, nelle viscere di questa impercorribile montagna.

Non era quindi un sogno, l’inghiottitoio esiste davvero e finalmente è arrivato il momento di entrare per vedere che fine fa l’acqua che vi si incanala.

Stavolta abbiamo almeno qualche ora di tempo, luce e quel tanto di corda necessario per toglierci il dubbio.

M’infilo la tuta leggera dopo essermi staccato un paio di sanguisughe che già si pregustavano un tranquillo pasto col mio sangue. Scesi i primi scivolosissimi metri, mi trovo su un ripido pendio di terra che porta direttamente in una prima ampia sala di crollo. Dalla volta si stacca una nuvola di pipistrelli disturbati dalla mia presenza. Da un prima perlustrazione però non sembrano esserci prosecuzioni.

Esco a chiamare Martino e i due ragazzi filippini. Facciamo il rilievo, qualche foto. M’infilo tra i blocchi cercando di seguire un esile torrentello. Riesco infine a sbucare in una saletta laterale piena di fango, il che fa pensare che la parte bassa della grotta si allaghi in caso di forti piogge. Niente aria. Il sogno pian piano svanisce, ma non c’è delusione in noi. Fa parte del gioco.

Nei pressi troviamo un pozzo chiuso dopo una quindicina di metri. Ci sono altri punti di assorbimento, ma ormai è ora di tornare e i sordi tuoni che sentiamo da un po’ si sono ormai fatti vicini annunciando l’immancabile temporale pomeridiano.

E’ l’ora di scendere da questa montagna che da quasi trent’anni ci regala sogni, molti trasformatisi in realtà e altri che tali sono destinati a rimanere.

Leo Piccini

Vita nel buio di Palawan

Siamo di nuovo a Palawan per proseguire le ricerche biospeleologiche nel Parco Nazionale dell’Underground River iniziate nel novembre scorso.

Questa volta siamo partiti in tre dal Museo di Storia Naturale di Firenze e abbiamo anche l’aiuto di Chiara Paniccia, una collega dell’Università del Molise. Rispetto alla missione speditiva del 2016, abbiamo più tempo per studiare a fondo la fauna del PPUR e quella di alcune grotte che si trovano all’interno del Parco. Sinora abbiamo raccolto un’ingente quantità di dati, campionando alcuni esemplari che potremo studiare meglio nei nostri laboratori dell’Università di Firenze e smistarli ai tanti specialisti di altre Università e Musei con cui siamo già in contatto per la definizione delle specie di più ardua determinazione. Ci aiutano in questo paziente lavoro di classificazione almeno una ventina di specialisti di dieci diverse nazioni e saranno almeno una quindicina le specie nuove per la scienza che abbiamo scoperto in questo bellissimo ambiente sotterraneo.

Conoscere gli animali che popolano l’Underground River è il primo passo per comprendere le strette relazioni ecologiche che li legano e impostare i più opportuni piani di conservazione. Sappiamo che qui, come in tanti altri ambienti ipogei, la base della catena alimentare è data dal guano che salangane e pipistrelli rilasciano in grotta. Abbiamo calcolato che i soli pipistrelli producono almeno 27 kg di guano ogni giorno! Questa grande quantità di sostanza organica alimenta un gran numero di piccoli animali che a loro volta sono cibo per altri animali più grandi. Gli stessi pipistrelli e salangane vengono predati da grandi migali, da centopiedi, da serpenti. Insomma, la presenza di rondini e pipistrelli è la base della vita anche in questa grotta e uno dei nostri obiettivi è quello di valutare il loro attuale numero per essere in grado di stimare in futuro eventuali diminuzioni e correre ai ripari. Il principale scopo del nostro lavoro è infatti quello di rendere compatibile l’attività turistica in queste grotte con la conservazione di tanta straordinaria biodiversità.

Dunque un gran lavoro ci aspetta ancora, ma quello che abbiamo potuto svolgere finora è stato possibile solo grazie alla partecipata collaborazione dei nostri speleologi de La Venta e a quella dei gruppi speleo locali, Gaia Exploring Club e La Karst.

Paolo Agnelli, Stefano Vanni e Marta Ciaramella

Risalita al Cocco

Qui a Palawan, giornata dedicata alla dimostrazione pratica di quelle che sono le conoscenze base per la progressione su corda in grotta insieme ai nostri amici arrivati da diverse associazioni filippine.

Il grande entusiasmo dei giovani speleologi filippini è in alcuni casi inversamente proporzionale alle conoscenze delle tecniche corrette di progressione.  Da qui, nasce il desiderio di condividere la nostra esperienza per far sì che sempre di più ci sia uniformità nell’attrezzatura tecnica e nei metodi di risalita su corda.

Ci bastano 4 spezzoni di corda un albero e via, ecco fatto!

Prima di risalire ci si concentra sul materiale…. E si vede di tutto: longe costruite con fettuccia e dei cordini che sembrano quelle degli occhiali da sole… ma poco importa!

L’importante è far capire ai nostri allievi la scelta di materiali di qualità e la corretta e ordinata disposizione dell’attrezzatura nell’imbrago.

Insomma ci bastano poche cose ma ben spiegate.

Bisogna sempre partire con il piede giusto altrimenti si rischia la vita.

Si risale…c’è chi usa il gri-gri, chi l’otto, chi ha lo stop, e questo rende le cose più complicate. Sarebbe bello che ci fosse l’opportunità per tutti gli allievi di avere la giusta attrezzatura ma non sempre è così.

La maniglia quella c’è per tutti e scambiandoci il bloccante ventrale finalmente possiamo risalire e comprendere quanto sia più facile la progressione con gli attrezzi adeguati.

Non ci basta un giorno per completare tutte le nozioni di tecnica affrontate in un normale corso di speleologia ma possiamo almeno imparare che ad un frazionamento prima si passa il bloccante ventrale e poi la maniglia, che una longe deve essere costituita da almeno una corda dinamica da 8 mm e che non è complicato giuntare due corde e provando così una manovra un po’ più complessa come quella di fare un salto del nodo.

Ah dimenticavo, casco in testa se si dovesse risalire un albero di cocco!

Martino Frova

Partecipano: Ada De Matteo, Alessio Romeo, Antonio De Vivo, Carla Corongiu, Chiara Paniccia, Fabio Giannuzzi, Felice La Rocca, Gaetano Boldrini, Giorgio Annichini, Giovanni Fiorini, Ilenia D’Angeli, Jo De Waele, José Calaforra, Laura Sanna, Leonardo Colavita, Leonardo Piccini, Luca Massa, Marco Camorani, Marco Vattano, Marta Ciaramella, Martino Frova, Paolo Agnelli, Stefano Vanni, Tommaso Santagata, Tullio Bernabei, Vittorio Crobu.

Enti di ricerca coinvolti: Università di Bologna, Università di Firenze, Museo di Storia Naturale di Firenze, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Torino, Università di Almeria.

Patrocini: Ambasciata Italiana in Filippine, Pilippines – Italy Debt for Development Swap Program, Puerto Princesa National Park, Tagbalay Foundation, City of Puerto Princesa.

Sponsor: Leica Italia, Laserscangst, Eragest di Tiziano Conte, Lifesaver, Amphibious, Ferrino, De Walt, Dolomite, Scurion, Tiberino.

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