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Palawan 2011 è rientrata. Spedizione nata soprattutto per fare un grosso lavoro documentativo, ma che poi ha portato a notevoli, ma non inattesi, sviluppi esplorativi.

Organizzazione e obiettivi erano quanto mai ambiziosi. 32 persone da gestire in 3 gruppi che si avvicendano nell’arco di 36 giorni non sono uno scherzo, anche in condizioni logistiche non complesse. Soprattutto se devi ottimizzare i tempi e il lavoro delle varie squadre all’opera giorno per giorno.

Se tutto è andato oltre le nostre migliori aspettative, bisogna dirlo, è merito del lungo lavoro di preparazione e dei serrati contatti con i nostri referenti locali: in particolare l’amministrazione della città di Puerto Princesa e del parco nazionale del St. Paul. Poi, un po’ di fortuna ha fatto il resto.

Anche gli obiettivi esplorativi erano stati accuratamente preparati, con indicazioni precise di cui tutti i partecipanti erano a conoscenza.

S’ipotizzava la presenza di un collettore orientale, parallelo al Subterranean River, sulla base della mancanza di affluenti destri e della struttura geologica, ed è proprio quello che abbiamo trovato: 4 km di gallerie gigantesche, più varie diramazioni secondarie, tra le più belle che abbia mai visto in assoluto. Diversi punti rimangono ancora da vedere, anche se la galleria principale pare infrangersi sulla ciclopica frana del salone Magellano.

Immaginavamo prosecuzioni al Little Underground River. E abbiamo rilevato oltre 2 km di nuove diramazioni, aprendo uno spiraglio sulle conoscenze idrogeologiche del settore più settentrionale del massiccio.

Abbiamo raggiunto la parte alta del settore SE, aprendo la strada a future ricerche in quella che rimane una delle zone più promettenti, ricca di doline e profondi pozzi e con qualche ingresso in parete che aspetta di essere raggiunto.

Siamo saliti in cima al Saint Paul Dome. Una idea che ci portavamo in testa da oltre 20 anni. Una vera esplorazione geografica, con tanto di rilevamenti topografici di precisione. Ma la vera notizia è che ci sono grotte anche in cima al St. Paul e in particolare in una valle sospesa a 700 m di quota, con tanto di inghiottitoi stagionali.

Abbiamo trovato uno scheletro fossile di un sirenide, probabilmente un genere affine all’attuale Dugongo, vissuto circa 25-20 milioni di anni fa, perfettamente conservato nel calcare del Saint Paul.

Torniamo a casa con oltre 10 km di rilievi in grotta, di cui almeno 8 nuovi. Decine di posizionamenti e svariati km di tracce GPS. Migliaia di foto, tra cui molte di notevole qualità, e svariate ore di video.

Ma il risultato più importante, almeno per me, è stato lo spirito di partecipazione, di condivisione e di amicizia che si è creato tra noi e i ranger del parco, le guide e i portatori locali, che ci hanno aiutato in modo straordinario.

Un grazie a tutti.

Leonardo

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