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Solo poche migliaia di anni fa, quando il sistema carsico del Puerto Princesa Subterranean River era praticamente diventato quello che è oggi, la corrosione differenziale carsica iniziò a scoprire parzialmente le ossa di Laventino, che comunque continuava il suo sonno beato nel buio della grotta, poco turbato dal battere dei becchi delle salangane.
Fu così che, un giorno di circa 75 anni fa, Lamantino rivide la luce, fioca, di torce che illuminavano il lento incedere di una banca che avanzava, a colpi di pagaia, nella God’s Highway. In quel momento si risvegliò e vide quegli strani bipedi dotati di bancas. Li vedeva per la prima volta, per il semplice motivo che l’uomo, nell’Eocene, non c’era ancora. Laventino aveva conservato un carattere molto socievole, e sperò che i bipedi lo notassero. Ma niente, passarono oltre, pagaiando e illuminando il buio della grande grotta.
Da quel momento Laventino cercò in tutti i modi di attirare l’attenzione dei visitatori, che, di anno in anno, andarono aumentando, ma sempre con scarso successo. La delusione più grande la provò circa dieci anni fa, quando la Highway venne illuminata quasi a giorno per realizzare riprese fotografiche, a centinaia, e addirittura un film. Ma niente: nessuno lo vide.
Laventino si convinse che i bipedi con banca fossero ciechi.
Passarono altri dieci anni e un bel giorno Laventino iniziò a sentire delle voci che da lontano andavano avvicinandosi: “Profondità 6,50”, dicevano. “Stop! Profondità 5,80”. “Stop! Profondità…”
Poi una lama di luce fredda ma potente si posò su di lui e una voce disse: “Guardate! Ci sono dei sassi, là in alto, attaccati alla parete!”.
“Ma no, non sono sassi. A me sembrano funghi.”
“Macché, non è possibile che ci siano funghi in questa grotta!“.
Laventino era davvero sconcertato: quei bipedi gli occhi li avevano eccome. Ma erano davvero privi di cervello! Davano forse i numeri con quel cumulo di sciocchezze?
Altre due sciabolate di luce si aggiunsero alla prima, evidenziando in maniera perfetta una possente cassa toracica. Dalla banca, che si era portata esattamente sotto Laventino, giunse un urlo: “Sono ossa! Ossa fossili! È assolutamente eccezionale!!!“.
Finalmente, pensò Laventino con soddisfazione. Era molto contento. Sapeva che da quel momento sarebbe stato sempre in compagnia, come lo era stato per pochi anni nella laguna eocenica della sua lontana giovinezza. Anzi ora sarebbe diventato l’attrazione principale del Puerto Princesa Subterranean River, una delle meraviglie del mondo.
Paolo Forti

Fotografare... in scala!Per una foto in… scala
Non dovette aspettare a lungo, Laventino. Due giorni dopo i bipedi tornarono già a fargli visita. E così scoprì che oltre alle bancas (le buffe piroghe dotate di bilancieri) gli umani avevano anche altre caratteristiche. Innanzitutto delle speciali appendici oculari, grosse e ingombranti, che emettevano sonori clic e abbaglianti lampi di luce. E poi un’estensione degli arti superiori: una cosa lunga, vegetale, come due grosse canne di bambù.
I bipedi erano arrivati come la volta precedente, emettendo quei clic e grida che si espandevano per tutta la God’s Highway.
“Destra!”
“Sinistra! Basta sinistra!”
“Ho detto di remare più a destra!”
“Sono io che do la spinta, diamine! Vai a sinistra!”
Facevano un gran baccano, e Laventino, che aveva trascorso da solo oltre quindici milioni di anni, provò un senso di euforia. Forse la sua solitudine era finita davvero! Gli umani proiettarono nuovi fasci di luce sullo scheletro, poi, pagaiando goffamente, spinsero le bankas verso la parete della grotta. Si avvicinarono piano, con un movimento un po’ confuso ma determinato. Alla fine riuscirono ad accostare una delle due imbarcazioni alla roccia. La legarono per evitare che si allontanasse.
Laventino osservava tutto dall’alto dei suoi tre metri sul livello del mare, cioè del fiume, che asseconda le maree. Gli umani facevano strane manovre: continuavano ad emettere quei lampi e quei clic. Erano forse parenti stretti delle salangane? Facevano anche loro tac-tac, e clic-clac, per orientarsi al buio?
Uno di loro piantò per bene la protesi di bambù sul fondo della banca, poi accostò l’estremità superiore alla parete rocciosa.
“Reggete, mi raccomando”, disse con tono perentorio rivolgendosi ai bipedi che erano con lui.
Il fossile di Halitherium sp.E mentre quelli reggevano il trabiccolo, lui iniziò a salire. Un passo, poi un altro. Laventino sentì l’emozione penetrargli le ossa. Anche il bipede, che ormai gli era a pochi centimetri, era visibilmente emozionato. “È incredibile” disse, parlando quasi sottovoce. Strano, pensò Laventino. Pensa forse di disturbarmi?
“È perfettamente conservato”, disse ancora il bipede. Era a pochi centimetri da lui, e continuava a emettere i suoi clic, clac, e un lampo dopo l’altro. Intanto l’altra banca si era un po’ discosta. Anche da lì venivano lampi su lampi, e quei misteriosi suoni di ecolocazione.
Poi la banca su cui poggiava il trabiccolo di bambù si mosse, scostandosi di poco dalla parete. Il trabiccolo vacillò, il bipede che era in cima emise un urlo.
“Ma siete matti?” disse tutto tremante. “Se non reggete, qua finisco in acqua con tutta l’attrezzatura!”
Sono proprio buffi, ‘sti tipi, pensò ancora Laventino. E continuò ad osservarne, divertito, i movimenti. Si agitavano senza sosta. E clic, e clac, e dicevano spostati più a destra, anzi no, più a sinistra, e clic e trataclac. Troppo scura, troppo chiara. Un lampo e un altro ancora, e questa è buona, questa la cancello, e così via.
Ma la cosa che gli suonò più strana di tutte fu quando il bipede che era in cima al trabiccolo di bambù, barcollando in posizione instabile, disse: “Come lo chiamiamo?”.
Fine della noia, pensò Laventino. Ci sarà davvero da divertirsi.
Natalino Russo

Laventino è il nome di fantasia che abbiamo dato al fossile che abbiamo scoperto dentro il Subterranean River. Si tratta di un giovane esemplare di Halitherium (in italiano Alterio, da als /sale e terios /belva), un erbivoro acquatico vissuto circa 15 milioni di anni fa. Questi animali vivevano lungo la costa, preferibilmente presso gli estuari dei fiumi, e si cibavano di alghe. È davvero suggestivo pensare che forse è morto in un estuario (a quel tempo non sotterraneo), per poi riapparire inglobato nelle pareti calcaree del più grande estuario sotterraneo del mondo.

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