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La preparazione per la discesa nell'HundidoLa “Zona del Silenzio” (nord del Messico), dove siamo andati a cercare tracce di fossili di dinosauri, è famosa per anomalie magnetiche che bloccherebbero gli apparati radio-elettrici, ma anche per essere un luogo prediletto dalle meteoriti.
A noi non si è bloccato nulla (forse perché eravamo ai margini…), ma la fama basta per far giungere in quella landa deserta torme di ufologi in attesa del CONTATTO, o peggio che il contatto l’hanno già avuto.
I luoghi sono bellissimi e deserti, poco esplorati. Vegetazione bassa e spinosa (una varieta’ di cactus sempre pronti a spinare il malcapitato), sabbie e rocce, catene montagnose arrotondate e aride, canyon mai scesi da nessuno.
Distanze assurde: qui una proprietà privata, il “rancho” dove abbiamo girato, si estende per 1000 ettari ed è piccolo.
Al sopralluogo c’era il giovane paleontologo Federico Fanti, dell’Università di Bologna, io assieme a Carlos Lazcano come rappresentanti La Venta, gli amici speleo Leonardo Colavita e Alfredo Brunetti di Campobasso, la speleo siciliana (che studia in Mex) Chiara Pulvirenti.

Fossili di dinosauroDunque i fossili ci sono, eccome. Ossa di dinosauri, spesso gigantesche (tibie di 1-2 m) accompagnate da tronchi fossilizzati lunghi anche 6-7 m. E sembra ci siano anche gli elementi per decidere dove scavare, con l’obiettivo di tirare fuori buona parte di uno scheletro. Specie? Un po’ di tutto, ma è troppo presto. Luogo esatto? Resta segreto, altrimenti in pochi mesi i collezionisti lo spolverano.
Carlos, il primo a scoprire il sito, è rimasto con Federico a posizionare i vari giacimenti fossili. Gli altri speleo sono andati a cercare grotte, non trovando quella più promettente per un buco di memoria della nostra guida (in quel posto non ci andava da 17 anni e il deserto effettivamente è tutto uguale).
In compenso abbiamo sceso il pozzo El Hundido, un abisso abbastanza spaventoso di 180 m sul cui fondo giace un lago oscuro con dimensioni 100×150 m, tanto che da qualche decina d’anni i locali hanno calato pompa e tubi per tirare fuori acqua. La struttura metallica, vecchia e fatiscente, fa veramente paura. Come il lago, del resto, da cui ci si aspetta di vedere emergere una “creatura” da un momento all’altro. E forse c’è anche, ma là sotto ci siamo stati il meno possibile…
Una sorta di Loch Ness speleologico, diciamo. Allietato dalla risalita in libera di buoni 180 m, 100 dei quali su corda da 8 millimetri con passaggio di nodo. E con pioggia. Per non farci mancare nulla, chiaro…
Di giorno si stava bene, di notte un gran freddo: del resto è deserto ed è inverno.
Servirà un nuovo sopralluogo, previsto per fine febbraio.
Tullio

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