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Anche quest’anno siamo tornati in Albania insieme al Gruppo Speleologico di Martina Franca e al Gruppo Speleologico Faentino. Prima sulle Alpi Albanesi, per continuare le ricerche nella zona di Vranë e poi sul Mali Me Gropa (Montagna di Buchi in lingua albanese), dove già negli anni ‘90 erano state esplorate alcune cavità in una spedizione a cui presero parte alcuni degli attuali partecipanti.

La prima parte è stata dedicata all’esplorazione della grotta Shtares, scoperta durante la spedizione del 2016 e che ancora presenta alcune incognite. Le esplorazioni ormai si svolgono nelle parti più remote della grotta, che presenta una temperatura media di 3-4° e forti correnti d’aria fredda in quasi tutte le gallerie. Quest’anno ci siamo concentrati nella zona del “fronte Siberiano”, qui infatti l’anno scorso, nell’ultima punta, siamo arrivati dinanzi a un copioso arrivo d’acqua accompagnato da una corrente d’aria non indifferente. E da qui siamo ripartiti. Dopo una risalita di 35m e un pozzo di circa 6m, ci siamo imbattuti in un canyon lungo una ventina di metri impostato su una faglia, ben visibile e rettilinea. La forra, che porta una cospicua quantità d’acqua, continua ancora a risalire e necessiterà ancora qualche nostra visita. Abbiamo deciso di chiamare questo bellissimo ambiente “Forra dei ragazzi del Raganello” dedicato alle vittime della piena del fiume calabrese, che perdevano la vita proprio mentre noi sbarcavamo in Albania.

Contemporaneamente in esterno nei pressi dell’ingresso della stessa Shtares, una squadra è stata impegnata per 4 giorni nella realizzazione di una via alpina in parete per raggiungere alcuni buchi promettenti, visti lo scorso anno con il drone. Lo sforzo di questa squadra non è stato vano, anzi. Durante la risalita sono state individuate altre cavità molto promettenti. L’obiettivo era di raggiungere il grande pozzo visto con il sorvolo del drone, ma risalendo ne è stata individuata un’altra dal forte respiro, stavolta entrante, che si sviluppa su un pozzo-meandro, ma chiusa da frane mastodontiche che ad ora ne impediscono la prosecuzione. Un’altra condotta di qualche decina di metri, scoperta sempre durante la risalita, è stata invece un provvidenziale rifugio durante l’ultima uscita, la quale era stata dedicata per raggiungere la Shpella e Dalandysheve (grotta delle Rondini) ed esplorarla. Però a causa di un forte temporale tre dei nostri sono rimasti in parete, in attesa per diverse ore affinché questo passasse. Quando sono ripartiti, però, era già pomeriggio inoltrato. L’anno prossimo questo sarà sicuramente l’obiettivo principale per continuare le esplorazioni nella Shtares.


Il tempo di disarmare tutto e ci troviamo già su un’altra montagna. Il Mali Me Gropa è un massiccio carsico che si trova a poche decine di km da Tirana esplorato da speleologi italiani e non solo già a partire dai primi anni ‘90. L’area del Mali me Gropa è una zona protetta confinante con il Parco Nazionale del Dajiti. Questa montagna è caratterizzata da un altopiano che si erge tra i 900 e i 1800 m di quota e si estende per circa 160 Km2. Il calcare massiccio che ne costituisce l’ossatura è fortemente fratturato e caratterizzato da carsismo superficiale, evidenziato anche dalla presenza di doline e karren che si estendono a perdita d’occhio. Oltre a diverse battute sull’altopiano, grazie alle indicazioni delle persone del posto, nei pochi giorni a disposizione ci siamo dedicati anche alla ri-esplorazione di due grotte trovate durante la spedizione italiana del 1993. In particolare, la “Shpella e Shutrese” era rimasta con diversi punti interrogativi. Ma la sorpresa più grande è stata quella di ritrovare per puro caso lo stesso pastore che aveva accompagnato il gruppo di speleologi negli anni ‘90, sembrava che ci stesse aspettando a distanza di quasi 30 anni! Nei villaggi delle montagne albanesi quando arriva un gruppo di speleologi stranieri la voce si sparge velocemente e Bajram, il pastore, in quei giorni era rimasto spesso in casa perché sapeva che prima o poi qualcuno ci avrebbe condotto da lui. E lui ci ha ricondotto alla Shpella e Shutrese. Questa bellissima risorgenza si apre a valle del Mali me Gropa, in un altrettanto spettacolare canyon e in una zona più promettente, in quanto il calcare è ben stratificato e poco fratturato e la presenza di bosco e suolo permette di avere un’infiltrazione più concentrata in singoli punti. Lungo il canyon abbiamo poi individuato una “simpatica” grotta freatica, risultante come una perdita fluviale e interessata sicuramente da completo allagamento quando il livello di falda si alza. Le dimensioni sono esigue, ma questo tubo al momento prosegue ancora, e in qualche ora di esplorazione è stato sceso un pozzo di una trentina di metri che prosegue ed un altro è ancora da vedere, perché come ogni spedizione che si rispetti le scoperte più interessanti vengono fatte sempre gli ultimi giorni. Queste montagne ci regalano grandi emozioni, e quando ripartiamo per rientrare a casa abbiamo sempre la sensazione di lasciarci alle spalle più interrogativi rispetto a quando siamo arrivati. Forse è proprio questo il bello dell’esplorazione, non finisce mai e avremo sempre una nuova scusa per continuare a viaggiare per meravigliarci davanti alle bellezze della natura.
 
Tommaso Santagata, Claudio Pastore
 
Patrocinato dalla Società Speleologica Italiana
 
Hanno partecipato: Pasquale Calella, Etmond “Mondi” Cauli, Michela Cerini, Susana Crespo, Francesco Fabbri, Ivano Fabbri, Orlando Lacarobanara, Alessio Lacirignola, Donatella Leserri, Luciano Luprano, Alessandro Marraffa, Michele Marraffa, Luisana Mastronardi, Claudio Pastore, Michele Pastore, Tommaso Santagata, Angelo Semeraro, Alessandro Severini.

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