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Prima spedizione dell’Associazione La Venta Esplorazioni Geografiche nelle profondità dell’altopiano desertico di Jabal Samhan, Oman meridionale.

Oman meridionale, Provincia del Dhofar, Qanaf Cave: un grande inghiottitoio si apre al termine di uno “uadi” (letto di un canyon o di un canalone dove scorre un torrente non perenne) che drena un bacino idrografico di oltre 10 chilometri quadrati sull’altopiano di Jabal Samhan. Una ripida scogliera a circa 1000 m slm, che domina la costa tra le città di Mirbat e Salalah.

Qui, su invito dell’amico francese Philippe Audrà, speleologo e ricercatore dell’Università di Nizza, che da anni studia le grotte del paese, il gruppo La Venta ha provato a superare i limiti ambientali e umani imposti fino ad ora da questa grotta.

La Quanaf Cave è già stata teatro di differenti spedizioni esplorative negli ultimi decenni: una slovena nel 1997, una inglese nel 2012 e due francesi nel 2014 e nel 2022, che hanno spinto l’esplorazione di questa grotta a una profondità di oltre 200 metri e uno sviluppo planimetrico di poco superiore al chilometro. Il limite attuale delle esplorazioni, del quale non esiste alcun tipo di documentazione né topografica né video-fotografica, è rappresentato da un lago di circa 100 metri di lunghezza che porta ad un pozzo profondo circa 15 m che si affaccia su una grande galleria dove nessuno ha mai messo piede. La probabile risorgenza della Qanaf Cave si trova a circa 12 km di distanza in linea d’aria.

L’obiettivo della spedizione del 2024 è stato quello di superare questo limite esplorativo, affrontando la grande sfida ambientale che la grotta riserva nelle sue profondità.

Infatti, tutti i report delle precedenti spedizioni parlano di seri problemi di respirazione, con tassi di anidride carbonica fino a quasi il 4%. Gli “uadi” sono quasi sempre in secca, date le basse precipitazioni, ma in alcune occasioni queste possono essere intensissime, con frequenza quasi decennale. In tali occasioni gli inghiottitoi, come Qanaf, raccolgono enormi volumi d’acqua, riempiendosi completamente e raccogliendo grandi quantità di materiali organici trasportati dalla corrente. L’ultimo evento di questo tipo risale al 2018; in tale occasione l’acqua non solo riempì la grotta, ma allagò anche buona parte dell’altopiano. Il materiale organico trascinato nella grotta lentamente va in decomposizione, producendo anidride carbonica e calore, andando quindi a creare un ambiente quasi “infernale” per l’uomo, con percentuali di CO2 a livelli insostenibili, carenza di ossigeno, temperature fino a 29°C e umidità relativa vicina al 100%. Per completare il quadro, i report delle precedenti esplorazioni parlano anche di grandi colonie di pipistrelli (presenti tutt’ora), con presenza di guano e quindi possibile rischio di contrarre malattie respiratorie, come l’istoplasmosi, che si contrae inspirando le spore di funghi che proliferano sui grandi accumuli di materiale organico.

La sfida iniziale è stata dunque quella di individuare una tecnologia per tentare l’esplorazione in sicurezza in un ambiente così estremo.

Ci siamo quindi orientati con due possibili soluzioni tecniche: la prima, costituita da autorespiratori per ambienti confinati, con bombole in materiale composito e maschere granfacciale, da poter ricaricare presso un centro diving locale, ma ingombranti e pesanti, specialmente per una grotta con progressione difficile come la Qanaf Cave. Tali materiali ci sono stati forniti da partner tecnici specializzati nel settore della prevenzione e della sicurezza. La seconda è stata quella di sperimentare l’utilizzo di concentratori di ossigeno con cannule nasali di uso sanitario. In questa prima spedizione abbiamo adottato solo la tecnologia con concentratori, questi ultimi protetti con sacchi di tipo speleologico appositamente costruiti per questo scopo.

Per il posizionamento del campo base abbiamo scelto un’area appena sopra lo uadi della Qanaf Cave, in un vasto territorio semi desertico pietroso a circa 1000 metri di quota, frequentato quotidianamente da mandrie di bovini e dromedari. La logistica in loco si è rivelata abbastanza comoda, avendo dei centri abitati a poca distanza.

Dopo l’allestimento del campo e della dispensa, è iniziata la spedizione vera e propria, con i primi tre giorni dedicati all’attrezzamento della grotta con corde e ancoraggi, fino alla grande sala dei pipistrelli. Qui, data l’enorme quantità di guano presente in loco, abbiamo evitato il rischio di contrarre l’istoplasmosi con l’uso costante di mascherine FFP3.

Grazie all’ausilio di rilevatori di gas abbiamo potuto rilevare le concentrazioni di CO2 e i valori di temperatura e umidità in tutta la grotta, realizzando così una dettagliata mappatura. Così facendo siamo stati in grado di attribuire un diverso livello di pericolosità alle varie zone della grotta al fine di procedere al suo interno in sicurezza.

La grotta si sviluppa con un primo pozzo a cielo aperto profondo una cinquantina di metri, seguito da un altro di dodici. Da lì si originano una serie di gallerie in cui la percentuale di CO2 aumenta progressivamente. Lungo la cavità si incontrano numerose pozze d’acqua stagnante, grandi sale con grossi massi da superare in arrampicata e un pozzo di trentotto metri, così ampio che durante i minuti sospesi nel vuoto le nostre luci non riuscivano a illuminarne le pareti; dall’alto, solo il puntino di luce dei compagni che ci precedevano ci indicava la via di prosecuzione.

Tutta la grotta è interessata da zone molto scivolose a causa del notevole apporto di materiale organico, in putrefazione, portato all’interno della grotta dalle piene nella stagione delle piogge. In questi ambienti durante la progressione siamo stati spesso accompagnati dal suono sinistro degli allarmi dei rilevatori di gas, attivati dal crescente aumento delle percentuali di CO2.

A circa 150 m di profondità, dopo oltre un km di grotta, ai margini della sala al di sotto del pozzo da trentotto metri troviamo il relitto di un grosso serbatoio d’acqua di circa una quindicina di metri cubi indicato sul rilievo come “Tank”. Il serbatoio è stato trascinato fin laggiù dalla piena del 2018 e incastrato a forza in una frattura, unica via di prosecuzione possibile, creando una scomoda strettoia tra metallo e roccia che rende difficile il suo superamento.

Attrezzata la grotta ed effettuate le prime discese per il trasporto del materiale, ci siamo dedicati al monitoraggio dell’aria, riscontrando che le percentuali di CO2 presenti fino alla sala dei pipistrelli, a un chilometro dall’ingresso, sono in quantità maggiori di quelle riportate sul rilievo originale, così come temperatura e umidità, con valori di intorno ai 26°C e umidità fino al 95%; condizioni limite per qualunque progressione.

Dalla grande sala dei pipistrelli in poi la progressione in sicurezza è possibile solo con i concentratori di ossigeno. Per mezzo loro abbiamo raggiunto il pozzo da 10 metri che affaccia sul lago finale. Al di sotto del pozzo un nemico invisibile sbarra la strada; infatti, i valori della CO2 salgono al 4,7%, la temperatura a 29°C e l’umidità al 98%. Un ambiente mortale.

Oltre il lago, a vista, la grotta prosegue allagata, ma abbiamo deciso di non proseguire poiché i concentratori di ossigeno, al limite dalla loro portata operativa, non garantivano l’apporto sufficiente ad affrontare l’attraversamento dello specchio d’acqua, e soprattutto il ritorno in sicurezza.

I sintomi avvertiti in quell’ambiente ostile a livello fisiologico sono stati quelli di difficoltà respiratoria, forte pressione sulla cassa toracica, sensazione di risucchio forzato dell’aria dai polmoni e costrizione degli stessi.

Torneremo, questa volta con attrezzature più idonee; stiamo già studiando nuovi sistemi. La Qanaf cave promette grandi sviluppi e grandi esplorazioni, ma per andare avanti occorreranno determinazione e massima prudenza.

Luca Imperio e Antonio De Vivo

Partecipanti: Luca Imperio, Tullio Bernabei, Antonio De Vivo, Gaetano Boldrini, Francesco Lo Mastro, Enrico Giacomin, Alessandro Beltrame e Luca Marzioni.

Un ringraziamento particolare va all’associazione Dhofar Adventures di Salalah che ha supportato la spedizione mettendo a disposizione gli alloggi a Mirbat, del materiale tecnico speleo-alpinistico e un gruppo elettrogeno che ha reso possibile l’illuminazione del campo presso la grotta e la ricarica degli apparati a batteria usati all’interno della Qanaf cave.

Partner del progetto: Ferrino – Tende e attrezzature outdoor, Miles Beyond – Extreme locations, logistics and training, Vigea – Virtual Geographic Agency, Icon - Linea sicurezza industrial, Conec Care - Concentratori di ossigeno, DE-OX Temc- Digital gas analysis, Draeger – Rilevatori CO2, Prait - Centro di formazione antiinfortunistica, Prevent - Sicurezza e soccorso industria, Primus – Fornelli e attrezzatura da campo, Sony Italia - Elettronica di consumo, Spasciani - Tecnologia antiinfortunistica, T2.0 - Mountain Equipment, Tiberino Outfood – Alimenti liofilizzati

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