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Con la spedizione di ottobre 2022 si è concluso il monitoraggio di alcune grotte di contatto presenti sui ghiacciai Aletsch e Gorner, entrambi situati nel cantone svizzero del Vallese. La raccolta dei dati e dei rilievi topografici è legata ad uno studio organizzato e realizzato dal team di “Inside the Glaciers”, già avviato l’anno scorso tramite il progetto denominato “Northen Side of the Alps 2021”. L’Associazione La Venta rimane sempre in prima linea a sostegno fattivo di tali ricerche.

L’obbiettivo di quest’anno era la stagionale realizzazione del rilievo topografico interno ed il recupero di un paio di sensori di temperatura lasciati ad agosto sul ghiacciaio Gorner, sia all’esterno che all’interno di una delle cavità più interessanti, col fine di registrare l’andamento della temperatura dell’aria. All’interno di questa cavità al contatto, ad agosto, è stata anche misurata la temperatura e la portata del torrente che vi entra e che ne ha dato origine.


La circolazione d’acqua, con temperature tra i 3° e i 6° C e la presenza di correnti d’aria provenienti dall’esterno sempre al di sopra dello zero, sono la principale causa di questo processo di fusione, nascosto ai satelliti e ad altre tipologie di monitoraggio in remoto.
Non abbiamo dubbi che questo tipo di cavità abbia un impatto molto grande sulla perdita di massa dei ghiacciai e per questo abbiamo realizzato un monitoraggio che ci permettesse di fare una prima stima quantitativa.

Aletsch
Partiamo in tre per l'Alestch con un giorno di ritardo causa pioggia. La nebbia ci s’incolla dalla cabinovia di Fiescheralp e ci accompagnerà lungo tutto il sentiero. Intorno a noi solo un bianco insondabile! Dopo quasi due ore di cammino, arriviamo alla galleria che ci porterà in vista del ghiacciaio e all’uscita, finalmente, s’intravede uno squarcio di azzurro che, per fortuna, ci accompagnerà fino al giorno seguente. In poco tempo raggiungeremo il nostro obbiettivo: la grotta di contatto del Marjelensee dove, con nostro grande entusiasmo, ci aspetta l'azzurro vero, quello unico di questo spettacolare antro di ghiaccio nel cuore delle Alpi.


Le temperature esterne sono alte e il torrente, che scende dalle pendici in direzione della grotta e che in sostanza l’ha creata, è piuttosto impetuoso, una costatazione che non ci fa piacere, poiché prevediamo condizioni idriche difficili all’interno della cavità.
Dal 1864 non si registravano per il mese di ottobre nelle stazioni metereologiche svizzere temperature così alte come quest’anno. Un ottobre che ci ha regalato delle abbondanti piogge anche a 2400 m s.l.m. dove speravamo, che almeno in questi giorni, fossero di tipo nevoso.


Arrivati all’ingresso, ci accorgiamo dei sostanziosi cambiamenti morfologici rispetto al 2021: il crollo del portale d’ingresso e la notevole riduzione delle sue dimensioni, nonché il collasso del ghiacciaio in corrispondenza della grotta e il conseguente abbassamento della volta che possiamo intuire già dall’esterno.
Come da previsione l’acqua del torrente s’immette prepotente nella galleria principale della grotta, terminando in un lago sifone poche decine di metri al suo interno proprio lì dove solitamente, con l‘aiuto di una corda, raggiungevamo un passaggio abbastanza angusto una quindicina di metri più in basso (adesso sommerso), passaggio ancora mai bypassato (almeno non da noi) poiché ogni volta impercorribile a causa del torrente che vi s’infila … ed anche per quest’anno, con gran delusione, non abbiamo l’opportunità di curiosare oltre. Ci dedichiamo al rilievo, soprattutto delle gallerie alla destra del portale presenti anche negli ultimi due anni ma che ugualmente hanno subito un bel cambiamento aumentando le dimensioni e lo sviluppo. L’intera cavità è pervasa da una nube di umidità: acqua nebulizzata che si appiccica alle volte delle gallerie e crea stillicidio ovunque, anche questo sicuramente contribuisce al processo di fusione.


Il giorno dopo tentiamo la traversata del ghiacciaio per esplorare il lato diametralmente opposto della lingua principale dove la presenza di un torrente fa presupporre l’esistenza di una grotta al contatto. Verso la metà del cammino, dove i crepacci si fanno sempre più profondi e perfettamente perpendicolari alla nostra direzione di progressione, decidiamo di rientrare, il tempo a nostra disposizione è ridotto e, poiché son previste ancora piogge nel pomeriggio, decidiamo di lasciare l’Aletsch. Siamo un po’ delusi e soprattutto frustrati da questo meteo anomalo, il giorno seguente comunque ci aspetta un altro ghiacciaio.

Gorner
Speranzosi in un abbassamento delle temperature, partiamo per il ghiacciaio Gorner. Ada e Tullio ci hanno raggiunto per supportarci nell’esplorazione e soprattutto il rilievo di quelle grotte al contatto a monte del ghiacciaio. Più precisamente nella zona di ghiaccio coperto da morena che rappresenta l’ultima massa relitta del ghiacciaio Gorner che ormai a qualche anno si affaccia sulla valle sospeso a più di cento metri di altezza sulla valle.


Ci troviamo a passare delle ore di attesa nel bagno, ormai leggendario, della stazione di Rottenboden a 2800 m, aspettando che spiova, prima di incamminarci verso la zona dove abbiamo deciso di mettere il nostro campo base che, anche quest’anno, sarà molto prima di scendere sul ghiaccio in un’ampia radura a circa 2600 m di quota. La scelta si rivelerà un’ottima decisione, visto che abbiamo avuto giusto il tempo di montare le tende prima che tornasse la pioggia. La pioggia verso le 22:00 si tramuterà in neve con fiocchi umidi, sufficiente a impreziosire di cristalli l’erba del campo e utile ad isolare, con uno strato di ghiaccio, le nostre tende dalle raffiche di vento. Finalmente è arrivato il freddo?
Anche sul Gorner ci rendiamo presto conto che ci sono dei cambiamenti morfologici alquanto notevoli. La CC3 (CC sta per Contact Cave), la grotta di contatto obbiettivo dei nostri studi, ci accoglie con un enorme crollo della volta nella galleria principale proprio dove avevamo messo il sensore. Nonostante sia rimasto sotto il ghiaccio crollato è ancora intatto e lo possiamo recuperare. Lo liberiamo dal suo ancoraggio con una velocità record, timorosi di un ulteriore crollo delle lame di ghiaccio sospese sopra le nostre teste.


Il crollo, anche se sembra sbarrare irrimediabilmente la galleria, è in realtà superabile. Gli ambienti sono morfologicamente molto simili ad un anno fa anche se la galleria in genere è più bassa; arriviamo alla zona dove terminava la nostra esplorazione su sifone nell’ottobre scorso e ci accorgiamo che la cavità prosegue e dal rilievo vedremo che si insinua al di sotto del ghiacciaio, anche se con dimensioni minori della prima parte, per ben 200 m in più, arrivando a sifonare dopo oltre 400 m di distanza dall’ingresso e con, approssimativamente, 160 m di dislivello in discesa.
La grotta non finisce qui e si rivela molto più diffusa del previsto con un dedalo di grosse gallerie laterali, tutte collegate, mai esplorate che presentano dimensioni ben maggiori di quella principale, insomma una bella mole di lavoro per la squadra di rilievo! In totale verranno rilevati circa 950 m di sviluppo (restituzione del rilievo da terminare) anche se molto altro, per prudenza, non lo abbiamo preso in considerazione.
Mentre siamo all’interno delle cavità la temperatura esterna sale e di conseguenza aumenta lo stillicidio e la caduta dei massi che si staccano dai bordi esterni del ghiacciaio, precipitano sugli ingressi e rotolano dentro. Il senso d’instabilità, in alcune zone delle cavità, è forte e dobbiamo fare più velocemente possibile prestando attenzione alle volte dei tunnel che percorriamo, topografiamo e fotografiamo.


L‘ultimo giorno ci dividiamo: Sara e Luca vanno ad esplorare un mulino, un pozzo di una ventina di metri di profondità, situato su quel che resta della lingua residua del vero ghiacciaio Gorner, l’esplorazione termina sul fondo roccioso dove crolli impediscono di proseguire e seguire i flussi del torrente che lo alimenta. Questo mulino, era stato sceso anche da Alessio oltre 20 anni fa, durante il lavoro della tesi, aveva più o meno la stessa profondità e diventava impenetrabile per uno stretto passaggio nel ghiaccio. All’epoca, sempre al centro di questa lingua che aveva ben altre dimensione, c’era un mulino denominato G10 di circa 60 m di profondità (anno 2000) e anche questo non raggiungeva il substrato roccioso. Questo la dice lunga su quanto spessore di ghiaccio sia stato perso in questi anni e quanto poco tempo resti a questa massa di ghiaccio prima di mettere alla luce del giorno quel pavimento roccioso alla base del mulino raggiunto quest’anno.


Nel frattempo Alessio si dirige verso un’altra grotta di contatto (la CCG, Contact Cave Gornersee) che si forma ogni anno per la presenza di un torrente che scende dal lago posto sotto il rifugio Rosa Hutte. Il portale d’ingresso quest’anno è molto grande e davanti, in un’area molto vasta, sono disseminati dei grossi blocchi di ghiaccio che in realtà testimoniano la formazione di un lago temporaneo fra ghiacciaio e roccia di cui questi grossi “iceberg” ne delimitano i bordi … una foto ritrovata sul web in seguito ne confermerà l’ipotesi.
In quest’area era solito formarsi un enorme lago denominato Gornersee che prendeva forma in primavera, accumulava migliaia di metri cubi di acqua che poi, verso la metà di luglio, sparivano verso valle in soli 3 giorni attraverso vie nascoste. In passato il fenomeno ha creato non pochi problemi a Zermatt e le popolazioni vallive, adesso vi sono sistemi di canalizzazione che ne limitano i danni. Dal 2010 non avevo più notizia di questo lago ma chissà che non riappaia in futuro?
Pochi anni fa Zermatt ha comunque subito un allagamento nel periodo estivo, non fu però chiaro da dove provenisse quest’acqua.


Mentre questo mistero resta per il momento irrisolto noi cercheremo di valorizzare i nostri sforzi per utilizzare dati e misurazioni raccolte in questi anni al fine di quantificare l’impatto che le grotte al contatto hanno sul bilancio di massa dei ghiacciai, nel frattempo un altro anno passerà prima di rivedere questi giganti sofferenti ed i loro cambiamenti e questa nostra polaroid di dati e documentazioni dell’ottobre 2022 non si potrà ripetere, ma chiunque vorrà potrà farne una diversa utilizzando la nostra come confronto.
Tra le misurazioni effettuate ad agosto, i monitoraggi in continuo delle temperature esterne e interne, i rilievi in 3D effettuati negli ultimi due anni da VIGEA e Flyability, abbiamo davvero un’enorme mole di dati che ora dovranno essere messi a confronti e analizzati per future pubblicazioni scientifiche.


Ritornare su un ghiacciaio è un po' come andare a trovare un anziano nonno che vive lontano. Ti accorgi che lentamente si sta spegnendo e non sai per quanto ancora sarà con te. Sei felice, emozionato, ma nello stesso tempo una melanconia ti accompagna.
Negli ultimi anni torniamo spesso sugli stessi ghiacciai e questa è la sensazione che ci assale ogni volta… vediamo sparire sempre più velocemente questi vecchi nonni e siamo coscienti che questo processo non è al momento reversibile!

A. Romeo e S. di Ferrante
Foto A. Romeo

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