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CARSISMO GLACIALE ALPINO: LE FORME DEI BUCHI NELL'ACQUA
Il progetto di esplorazione dei "buchi nell'acqua", le grotte formate dalla fusione all'interno dei grandi ghiacciai. 0025La nostra associazione opera sui ghiacciai di tutto il mondo da oltre vent’anni studiando le grotte che si formano nel nucleo dei ghiacciai. Abbiamo iniziato sulle Alpi, soprattutto sul ghiacciaio del Gorner, la vera culla della moderna speleologia glaciale, per poi realizzare ricognizioni sui ghiacciai dell’Asia Centrale, dell’Islanda, delle Svalbard, finendo per concentrare molto lo sforzo sui ghiacciai patagonici.In tempi più recenti abbiamo realizzato ricerche in Antartide, realizzando la prima spedizione speleologica nel Sesto Continente, e ricognizioni nelle Svalbard settentrionali. Negli anni siamo riusciti a delineare e modellare la fenomenologia dei processi genetici delle grotte e della struttura di drenaggio interna ai ghiacciai temperati, vale a dire con temperatura intorno a 0 °C, quella che chiamiamo speleologia glaciale “classica” perché è la più comune sulle zone di ablazione delle lingue glaciali. Le grotte si originano a causa dell’acqua di fusione in superficie che, riunita in torrenti, riesce a penetrare nel nucleo dei ghiacciai grazie all’energia di caduta delle cascate. In genere le grotte hanno profondità abbastanza limitata, per lo più intorno ai cento metri di profondità, perché al di sotto la pressione sul ghiaccio tende a occludere qualsiasi cavità e risulta quindi impermeabile a scorrimenti, anche se in realtà vi possono esser grandi cavità piene di acqua immobile. Per confronto, si ricordi che nello stesso ghiaccio temperato i crepacci hanno una profondità limitata a 20-25 m.  Questo perché il ghiaccio al fondo dei crepacci scorre e tende a riempire la cavità tettonica, mentre nel ben distinto caso delle grotte, il ghiaccio che collassa sulla cavità è portato via dall’acqua che vi scorre. Attualmente stiamo cercando di chiarire la fenomenologia del carsismo glaciale in casi particolari, non “classici”. Area geografica: grandi ghiacciai temperati, con ghiaccio prossimo a 0 °C, dall’Islanda al Tien Shan, dalle Alpi al Karakorum.
Prospettive future: il quadro teorico del fenomeno carsico nei ghiacciai è abbastanza completo, eccetto che nelle parti sommerse, nelle quali occorre effettuare esplorazioni dirette. Attualmente stiamo seguendone l’evoluzione con il ritiro dei ghiacciai alpini.

Il Gorner
Il secondo ghiacciaio delle Alpi per estensione. 0015Il ghiacciaio del Gorner, secondo ghiacciaio delle Alpi per estensione (65km2, circa), ha origine dalla confluenza di più lingue provenienti dalla dorsale che collega il M. Rosa al Breithorn, a un'altitudine compresa fra i 2200 e i 4600 m. La caratteristica più notevole di questo ghiacciaio è la sua morfologia superficiale, praticamente unica, che lo rende uno dei più interessanti al mondo.
La superficie della sua parte terminale (la cosiddetta «regione di ablazione»), a un'altitudine compresa fra i 2200 e i 2700 m s.l.m. è caratterizzata infatti da flussi di acqua (noti con il termine francese «bedieres»), piccole vallecole e profondi pozzi (i «mulini glaciali»), che assorbono le acque superficiali, trasferendole nelle profondità dei ghiacci. Sono state individuate, nelle campagne di ricerca che si sono succedute negli anni, circa 30 grotte, che presentano morfologie assai diverse, dai lunghi meandri subglaciali a pozzi profondi anche piu' di 100 m.
Molti di questi mulini, oggetto di ripetute discese dal 1985, mostrano una posizione relativamente stabile e una struttura che tende a replicarsi di anno in anno con poche variazioni. Il ghiacciaio del Gorner si sta assottigliando rapidamente in questi anni caldi; sentieri che solo pochi anni fa portavano alla superficie ghiacciata ora terminano su paretine che rivedono la luce dopo secoli. Nulla di preoccupante, naturalmente, i ghiacciai sono le strutture geologiche che più sono capaci di darci un'idea di mutevolezza, che i tempi delle montagne ci negano. Click per ingrandireQualche millennio fa il ghiacciaio che ora si è ritirato sotto il Rosa colmava l'intera valle sino a Visp, coprendo montagne, un migliaio di anni fa invece si era ritirato sino a vuotare la valle ove noi lo vediamo consumarsi ora. In quell'epoca e sino a quasi tutto il medioevo le due lingue principali di alimentazione erano separate e finivano in un gran lago a quota 2200 m slm. Poi il raffreddamento del clima lo ha riportato in avanti sino ai massimi della metà dell'ottocento, quando i ghiacciai avanzando furono capaci di attrarre su di sé l'attenzione umana, tanto da causare la fondazione di una disciplina che li studiava, la glaciologia. Proprio nel lago che riempiva la valle sta forse la sua eccezionalità per gli speleologi. Le grotte nei ghiacciai si formano soprattutto là dove le acque di fusione sulla superficie possono riunirsi in grandi torrenti sino a trovare un punto di debolezza nella superficie del ghiaccio: allora si precipitano giù allargando il pozzo in cui cadono che va trasformandosi in un baratro rombante. I torrenti riescono a diventare tanto più grossi quanto più la superficie ha una piccola inclinazione ma questo, in genere, è un privilegio dei ghiacciai immensi che si trovano ai limiti dei poli, non certo dei ghiacciai alpini: che sono caratteristici, importanti, belli, ben studiati, vicini ma certo non grandi. Il Gorner è un grandissimo ghiacciaio alpino, e dunque è piccolino. Con quelle dimensioni per scorrere a valle dovrebbe essere ben più ripido e allora i ruscellamenti sulla sua superficie si perderebbero qua e là in piccoli punti di assorbimento. Invece no, perché la sottostante zona in contropendenza fa scivolare la gran massa di ghiaccio meno ripidamente ed essa può distendersi in pianori quasi orizzontali, sui quali i torrenti diventano grandi e riescono a scavare gran baratri. Nei primi anni '80 lo speleologo che ha fondato la speleologia glaciale in Italia, Mario Vianelli, fece una ricognizione su molti ghiacciai alpini e in breve capì l'eccezionalità del Gorner, un vero intrico di torrenti, meandri, laghi e gran pozzi. Da allora il ghiacciaio è diventato meta di molte spedizioni. All'inizio non si sapeva bene come discendere in quelle difficili strutture e il Gorner è stato un'ottima palestra per imparare. Poi, fatti sempre più esperti da lavori in terre lontane, il ghiacciaio ha assunto le sue caratteristiche reali: minuscolo, ma articolatissimo, comodo, luogo ideale dove non solo avvicinare nuovi adepti alla speleologia glaciale ma anche dove si possono studiare a fondo i segreti del funzionamento dei ghiacciai carsici. 0013E' un po' come casa nostra. Al centro della zona di ablazione, proprio sotto Gornergrat, in certi anni si formava un lago che da un decennio non si fa più vedere. Quando se ne andava lo faceva attraverso un pozzo che dall'86 ci accompagna, il G6: cambia un po' forma, struttura ma è sempre lì mentre il ghiacciaio scorre ed assume la sua forma passando di lì. Un centinaio di metri sotto la superficie diventa un tubo verticale che si getta in una pozza d'acqua. Una volta chi scrive stava appuntando dati rannicchiato in fondo al tubo e un compagno che saliva aveva staccato una gran lama di ghiaccio trenta metri più in alto e quella aveva preso a inabissarsi con un tale tuono che era stata sentita dai compagni in superficie. E all'ultima curva sopra di me, nell'imminenza di annientarmi, il mio vecchio amico Gorner l'aveva fatta esplodere ed ero stato colpito da una gragnola di colpi che mi avevano sepolto (letteralmente) nel ghiaccio, ma senza farmi grossi danni. E poi c'è Agassiz, l'assorbimento del ruscello che si forma sulle pendici del ghiacciaio in direzione del Lyskamm. E' straordinariamente profondo, per parecchio è stato il più profondo del mondo coi suoi 150 metri di profondità, concessi solo ai mostri patagonici o artici. Poi c'è G8, magnifico, alla base del ghiacciaio che scende dal Breithorn, rivaleggia con Agassiz e ne è più interessante. Poi ci sono gli assorbimenti centrali sub-orizzontali, piccole condotte epidermiche che scorrono poco sotto la superficie. La regione meno comprensibile è senza dubbio quella più a valle, sotto Rotenboden. Lì il carsismo si fa grande, poco accessibile, lacustre. All'inizio ci sembrava che fosse la fine del carsismo glaciale e che quindi non fosse così importante. Ora ci pare che sia effettivamente la fine del carsismo, e che proprio per questo, sia sommamente importante: lì si formano grandi bacini d'acqua intrappolati da esili dighe di ghiaccio. Incombono su Zermatt, e anche in questo il nostro minuscolo compagno di viaggio ci sta mostrando che gli immensi fenomeni di rilascio d'acqua dei ghiaccia patagonici, che si perdono impercettibilmente in immensità desolate, sono una parte di fenomeni che lui stesso, sa minuscolamente fare: ma su costruzioni umane, non sul deserto del lago Viedma. Ora abbiamo imparato anche a raggiungerlo d'inverno scendendo in sci dal ghiacciaio del Teodulo: via da casa alla 7:30, salita da Cervinia verso Testa Grigia alle 8:30, arrivo sul Gorner alle 9:00, con un po' di fortuna... E dal 2005 abbiamo pure imparato una nuova strada invernale, scomoda, che discende dallo Stockorn, sulla sinistra idrografica, e raggiunte le parti alte del ghiaccio che dormicchia sotto la neve. Tutto, però, muta. Proprio nel Gorner stiamo apprezzando il fatto che i ghiacciai mutano, il clima muta, e in questi anni stanno accadendo cose eccezionali. Da sette anni, ormai, il ghiacciaio ha quasi cessato ogni scorrimento a valle. Le grotte non sono più la forma i passaggio del ghiaccio che va al mare, ma rimangono proprio da una stagione all'altra. Tutto è immobile, gli ambienti in cui entravamo l'anno scorso sono gli stessi, e pure le pareti, di ora. Il ghiaccio si va caricando di tensioni per adattarsi ai suoi vuoti mentre si liquefa. Ora in profondità la superficie di ghiaccio esplode fragorosamente quando vi si infigge un chiodo e a volte solo per un colpo di rampone. E nell'autunno del 2004 la superficie di una vasta zona nei pressi della fronte ha ceduto, sprofondando. Evidentemente al di sotto del ghiaccio, al contatto con l'ormai vicina roccia, si era formata una vasta sala, lunga una sessantina di metri, larga trenta e alta una ventina. Ora lì si apre una dolina di queste dimensioni, e fra gli sfasciumi di ghiaccio fanno capolino delle gallerie subglaciali. Il lato a monte di questa dolina è destinato a divenire la nuova fronte del ghiacciaio quando la massa di ghiaccio di valle, ormai isolata e non più alimentata, si sarà completamente fusa. Fra pochi anni, ormai.

Islanda - Kviarjokull 1997
Esplorazioni sul ghiacciaio più grande d'Europa. 0005L'Islanda e' priva di rocce calcaree che formino grotte, ma ne ha altri due tipi che le riescono a formare, ai poli opposti delle temperature possibili: lave vulcaniche e ghiaccio. La spedizione Islanda 97, organizzata da La Venta, dall' ETSIM di Madrid con la partecipazione dell' Explorers Club, ha avuto come obiettivo lo studio delle grotte che si sono formate nel ghiacciaio Kviarjokull, una lingua glaciale che discende dal Vatnajokull, un gigantesco ghiacciaio a calotta che occupa la parte sud-orientale dell'interno dell'isola. L'acqua di fusione dei ghiacciai corre sulla superficie sino a formare grossi torrenti che, in corrispondenza di punti di debolezza della superficie, si infiltrano sotto il ghiaccio formando pozzi-cascata e successivi canyon interamente sotto la superficie. Lo studio di queste strutture e' recentissimo e sta aprendo una nuova frontiera per la glaciologia, dato che sta illumninando molti comportamenti bizzarri dei ghiacciai. Lo studio condotto sul Kviarjokull ci ha permesso di correlare la forma e il tipo di queste cavità con la struttura tensionale della lingua glaciale. Secondo obiettivo della spedizione è stata una ricognizione sulla lingua principale che scende dal Vatnajokull, l'immenso Skeidararjokull. Da esso nel novembre 96 e' sgorgato un immenso fiume generato dagli scioglimenti causati da un'eruzione che nei giorni precedenti era avvenuta sotto la parte settentrionale del Vatnajokull. Per poche ore quel fiume con la sua portata di oltre 50000 metri cubi al secondo, è stato il secondo maggior fiume del mondo. Il suo trasporto è avvenuto interamente sotto il ghiaccio, in quella che è sicuramente la piu' grande grotta del mondo. La ricognizione ci ha permesso di analizzare la zona terminale del passaggio del fiume, dove nella fronte del ghiacciaio e' stato scavato un "fiordo" di 300 m di larghezza per un chilometro di profondità. In corrispondenza della zona di passaggio del fiume la superficie del ghiacciaio era depressa, una sorta di ampia ma poco profonda valle; non c'erano invece altre tracce dell'effimera esistenza della grotta che deve essere collassata plasticamente nelle settimane successive al passaggio dell'acqua.

Attualmente stiamo cercando di chiarire l’effetto dei cambiamenti climatici sul carsismo glaciale. C’è una generale fase di riduzione della massa dei ghiacciai e questo da una parte crea nuove strutture interne nei ghiacciai, perché il reticolo di drenaggio evolve di anno in anno; dall’altra la stessa formazione di nuove strutture ipoglaciali influenza la velocità di regressione dell’intero ghiacciaio.

APPROFONDIMENTI:
Il carsismo nei ghiacciai (pdf 316 Kb)
Grotte e mulini glaciali (pdf 712 Kb)
Morfologia ed evoluzione dei mulini del Ghiacciaio del Gorner (pdf 2066 Kb)
Moulins and marginal contact caves in the Gornergletscher, Switzerland (pdf 442 Kb)
Moulins and contact caves in the Gornergletscher: morphology and hydrology (pdf 408 Kb)

 

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