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Walter Bonatti (1930-2011)

Un campo La Venta sui tepui (foto V. Crobu)

Di ritorno da un viaggio di lavoro a Berlino, come di consueto, ho sorvolato le Alpi. Era l’ora del tramonto. La luce radente evidenziava le nuvole colmandole di ombre scure. Il movimento dell’aereo le faceva spostare piano. Vi si aprivano forre profonde e cupe, fugaci crepacci che cambiavano lentamente prospettiva, e sul cui fondo si vedevano le cime e le creste, anch’esse intense e vicine per la luce di taglio. Ombre affilate si proiettavano sulle valli sottostanti.
Viste dalla distanza di un aereo, queste montagne sono proprio piccole. Stanno lì, a portata di mano, facilmente raggiungibili, come tutti i luoghi del pianeta in cui si può arrivare volando. Stanno nel cuore del cosiddetto vecchio continente, a poche ore di macchina dalle principali città europee. Ma per chi ci va a piedi sono posti remoti, montagne tra le più difficili. Le montagne di una vita di uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi.

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Ritorno da Samarcanda

Risalendo la parete verso Dark StarAttraversare i deserti dell’Asia centrale, costellati di rovine, di città antiche migliaia di anni, tra le yurte che sembrano fermare il tempo al mondo di Gengis Kan, è una sensazione densa, un respirare profondo che lascia infiniti spazi all’immaginazione e al sogno. Ora che siamo tornati cominciamo pian piano a metabolizzare questa difficile avventura che ci ha portato in luoghi grandiosi, paesaggi sconfinati e grotte davvero uniche.
È stato un peccato non potervi raccontare direttamente con le nostre parole ciò che accadeva lassù. Avreste sentito una voce rotta dal fiatone e dalla fatica, talvolta preoccupata per il susseguirsi di giornate davvero intense, difficili da sopportare dal punto di vista fisico e psicologico.
Il ritorno a Samarcanda di tre speleologi italiani, insieme con gli amici Russi, ha forse definitivamente riaperto lo sguardo verso questa regione che è destinata in futuro a diventare sicuramente uno dei grandi campi di gioco della speleologia internazionale. Le potenzialità esplorative si sono dimostrate per quello che sono: enormi, così come le distanze e le difficoltà logistiche da superare solo con la determinazione, senza l’aiuto dell’elicottero. Distanze che non ci hanno ancora permesso di tornare ad esempio a Ulugh Begh, ma che ce l’hanno fatta accarezzare facendoci capire che probabilmente manca davvero poco a un ritorno anche lassù.

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Goodbye Dark Star

Dark Star ha riservato ancora qualche sorpresa, portando i suoi ingressi da 4 a 6, ed iniziando a sviluppare un inizio di profondità (circa 300 metri), ma le gallerie tralasciate sono ancora tante ed il sistema promette di crescere, e tanto...
Il tempo a disposizione però è terminato e il viaggio di rientro verso Samarcanda deve iniziare. Così entrambe i campi, sia quello ai piedi di Dark Star che quello di Festivalnaya sono stati smantellati e, preparati i bagagli, si riportano verso valle quintali di materiale, grazie anche all’uso di qualche mulo.
Con la stesura su carta del rilievo avremo qualche dettaglio in più, ma questa volta direttamente dalla tastiera dei protagonisti!

Ancora Dark Star

(foto d'archivio)Avantieri Cesco ed Alessio sono entrati in Dark Star per osservarne la percorribilità. Per fortuna i laghi incontrati nel ’91 dagli inglesi sono ora ghiacciati, pertanto hanno potuto raggiungere il limite esplorativo, costituito da un grande pozzo.
Sceso il pozzo si sono però dovuti fermare davanti ad un muro che mostrava in alto una galleria in parete.
Ieri sono entrati Misha ed il capo spedizione russo che hanno raggiunto e percorso la galleria. Questa dopo circa un chilometro si riaffaccia in parete, delineando così una grotta “passante” di circa tre chilometri.
Oggi, mentre una squadra procede nelle operazioni di rilievo, i nostri rientreranno per completare l’esplorazione di una diramazione laterale, già osservata per circa 500 metri.
Notizie telefoniche ricevute tramite satellitare Isatphone Intermatica.

Dark Star

Come previsto, il 6, Cesco, Marco e Misha sono saliti sul grande muro in cerca di punti acqua o residuali accumuli di ghiaccio. Purtroppo la ricerca non ha portato a niente di potabile, quindi è stato necessario organizzare una serie di spole – con zaini di 30-40 chili! – per il trasporto di acqua e corde.
Le giornate del 7 e 8 sono state invece impiegate per attrezzare la lunga calata di 400 metri, con l’infissione di 40 spit a mano.
La grotta Dark Star si apre infatti a 160 metri dal suolo, dove i nostri sono stati raggiunti ieri dal resto della spedizione, che nel frattempo ha spostato il campo da Festovalnaja.
Da stamane la squadra ha iniziato ad entrare in grotta per l’attrezzamento.
Domani si esplora!

E il campo base sale...

Giornata dura anche oggi, visto che tutto il campo è stato smontato e poi rimontato a quota 3400, poco sotto l’ingresso di Festivalnaja. La squadra che invece era salita sulla sommità del muro per attrezzare la calata ha completato il suo obiettivo, calandosi e raggiungendo l’ingresso.
Domani Cesco, Marco ed un membro della spedizione russa saliranno anch’essi in cima al muro per traversare verso Dark Star in cerca di un “punto acqua” in previsione di un nuovo, faticosissimo, trasferimento del campo base (oltre 40 sacchi!).
Per il momento l’obiettivo Ulug Beg è rimandato.
Dal punto di vista meteo il cielo è sempre terso e le temperature sono molto elevate durante la giornata, la notte invece il termometro segna 10° con vento teso.
Notizie telefoniche ricevute tramite satellitare Isatphone Intermatica

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