C'è una oscura regione della terra che manda per il mondo degli esploratori.

Karl Kraus Detti e contraddetti, 1909

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Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. 

Marcel proust

Fiumi sotterranei

Come spesso succede nei carsi tropicali, molte grotte rappresentano il percorso sotterraneo di fiumi che durante il loro percorso incontrano delle dorsali calcaree, e al fondo di valli grandi valli cieche si aprono maestosi portali in cui i fiumi s’inabissano per riemergere altrove.

Nella zona a sud di Kalaw, si trovano molte grotte di questo tipo, che abbiamo avuto modo di esplorare solo parzialmente durante la spedizione del 2005 Una di questa è costituita da un grande traforo che collega due vallate adiacenti e in cui evidenti tracce di passaggio testimoniano che è stato utilizzato come via di comunicazione già in passato. Un’altra grotta, ricca di fauna acquatica, tra cui grossi gamberi e pesci ciechi, è stata esplorata per un chilometro. L’inghiottitoio più grande che abbiamo trovato si trova a tre ore di marcia da Pinh-ton, uno sperduto villaggio sulle montagne, 80 km a sud di Kalaw. Il fiume precipita con una cascata alta 50 m, che non è stato possibile aggirare a causa della troppa acqua, in un ampio canyon che si vede proseguire nel buio. L’acqua riemerge alle sorgenti di Namun, a circa 7 km di distanza.

Un luogo bellissimo, che si raggiunge con tre ore di navigazione risalendo un fiume nella foresta. Qui, al piede di un’alta rupe calcarea, una piccola grotta si affaccia su un grande lago sotterraneo in cui si sente cadere una cascata. Quello che c’è tra inghiottitoio e risorgenti è ancora in parte sconosciuto.

Santuari sotterranei

Molte grotte di Myanmar sono luoghi sacri. Probabilmente lo sono da sempre, ma da quando la religione buddista si è diffusa nel sudest asiatico, le grotte della Birmania sono diventate luoghi di rifugio, per monaci ed eremiti, e luoghi di culto per tutta la popolazione. Tracce di frequentazione a scopi religiosi si trovano in quasi tutte le grotte più accessibili. Alcune, tra cui quella notissima di Pindaya, ed altre meno note, come quella di Myin-Ma-Hti presso la cittadina di Kalaw, sono state adattate dall’uomo per questo scopo, con tanto di pavimenti in ceramica ed illuminazione, e sono stracolme di stupa e statue votive che rappresentano il Buddha. La grotta di Pindaya, in particolare, è uno dei luoghi sacri più importanti per la religione buddista di tutta l’Asia e riceve diverse centinaia di migliaia di visitatori l’anno. L’impatto di questa frequentazione sulle grotte, da un punto di vista ambientale è notevole, ma la ricchezza e l’importanza socio-culturale di questi luoghi, frequentati da millenni, è enorme ed essi meritano la massima attenzione ai fini della loro conservazione.

Le pitture del Ponte Colossale di Tepelmeme

JuquilaNel corso della spedizione Juquila 2002 è stato osservato un caso particolarmente significativo della ricorrente associazione tra ambienti carsici e antiche attività umane. All’interno del Ponte Colossale di Tepelmeme si trovano infatti numerose pitture rupestri che testimoniano come lo spettacolare traforo abbia a più riprese suscitato l’interesse dei gruppi indigeni che nel corso dell’epoca preispanica vivevano nella regione. Le pitture sono peraltro di eccellente qualità estetica e tecnica, tanto da poter essere annoverate tra i migliori esempi di arte rupestre messicana.

Tradizionalmente note agli odierni abitanti del luogo, le pitture di Tepelmeme sono state descritte adeguatamente nella letteratura scientifica solo da pochi anni. Alla metà degli anni sessanta, infatti, furono osservate da Ross Parmenter, il quale ricevette da un uomo locale anche un osso di felino rinvenuto sotto il traforo e decorato con una complessa incisione.

La relazione di Parmenter rimase però inedita e solo alla metà degli anni ottanta una migliore descrizione delle pitture fu pubblicata dall’archeologo Carlos Rincón Mautner. Infine, nel 2004 Javier Urcid ha condotto un accurato progetto di ricerca durante il quale sono state Juquilarilevate le pitture e rinvenute numerose vestigia archeologiche, sia all’interno del Ponte Colossale che nei suoi dintorni. I risultati di queste ricerche indicano che le prime frequentazioni antiche del Ponte risalgono probabilmente al periodo Arcaico (7000-2000 a.C.). Fu però nel periodo Classico Tardo (VI-IX secolo) che la maggior parte delle pitture del Ponte fu dipinta da gruppi ñuiñe, appartenenti cioè a una tradizione culturale tipica della Mixteca Bassa, la cui esatta filiazione linguistica è ancora ignota.

Le pitture ñuiñe del Ponte Colossale sono costituite principalmente da glifi calendariali accompagnati da numeri: con ogni probabilità si tratta di nomi calendariali (cioè quei nomi che i mesoamericani adottavano sulla base del giorno di nascita) e la loro disposizione suggerisce che i diversi gruppi di glifi debbano essere interpretati come registri genealogici, cioè come sequenze generazionali che attestano il pedigree nobiliare di alcuni individui: il gruppo di glifi più spettacolare, ad esempio, potrebbe essere letto come “1 Erba è figlio di 11 Pioggia, figlio a sua volta di 10 Gufo”.

Le eterogenee caratteristiche stilistiche delle pitture ñuiñe, così come diversi casi di sovrapposizione, indicano che le pitture furono realizzate in momenti diversi, la maggior parte dei quali allo scadere del periodo Classico, momento nel quale fiorirono diversi insediamenti vicini al Ponte Colossale. Tra le pitture di Juquilacarattere non genealogico spicca la figura di un prigioniero nudo con le braccia legate dietro alla schiena che perde sangue dal pene, immagine che allude al carattere “fertilizzante” del sacrificio umano dei prigionieri di guerra. Le pitture più tarde e meno appariscenti sono invece datate al Postclassico Antico (900-1250 d.C.), epoca alla quale risale anche l’osso inciso già menzionato. Le ultime frequentazioni preispaniche del Ponte Colossale (Postclassico Tardo, 1250-1500) sono testimoniate non da pitture rupestri ma da ritrovamenti di tessere da mosaico in turchese, perline di giada e frammenti di copal, resti di offerte depositate all’interno del tunnel.

Secondo le testimonianze locali raccolte da Urcid, nella grotta furono rinvenute in passato delle maschere in legno ricoperte di mosaico di turchese, purtroppo bruciate perché ritenute opera del demonio. Le pitture e i resti delle offerte del Ponte Colossale indicano che gli antichi gruppi indigeni percepirono lo spettacolare ambiente carsico come un ambiente dotato di sacralità e associato al mondo infraterrestre della fertilità e degli antenati. Così come facevano nella gran parte delle grotte, gli indigeni interagirono con questi ambiti cosmici attraverso l’azione rituale, i cui residui materiali sono quelli che ancora oggi possiamo osservare all’interno del Ponte Colossale.

Spedizione “Palawan 2008”, Filippine

La spedizione “Palawan 2008”, al carso di St. Paul (Palawan, Filippine), si è svolta dal 22 febbraio al 12 marzo del 2008. Alla spedizione hanno partecipato 12 speleologi italiani, due messicani e due inglesi. La missione s’inserisce in un ampio progetto di ricerca e documentazione, che l’Associazione La Venta sta realizzando in collaborazione con le autorità del Puerto Princesa Subterranean River National Park e della capitale Puerto Princesa.

Scopi della spedizione erano: il completamento della documentazione fotografica del fiume sotterraneo, soprattutto riguardo il suo straordinario aspetto biologico, l’esplorazione di alcune cavità nel settore NE del massiccio, viste nel corso della spedizione 2007, l’avvicinamento alle zone sommitali del St. Paul entrando nel carso dal settore S-O e il completamento di esplorazione e rilievo di alcune cavità della zona S, presso il villaggio di Cabayugan. La spedizione ha operato contemporaneamente nelle tre zone, purtroppo in condizioni rese difficili dal maltempo caratterizzato da forti temporali pomeridiani che hanno reso rischiose le esplorazioni delle cavità attive. Le cattive condizioni meteorologiche hanno poi impedito di tentare di raggiungere le zone sommitali della dorsale calcarea.

Il gruppo che ha operato nel settore NE ha portato a termine l’esplorazione di due importanti grotte che funzionano da inghiottitoi di altrettante valli cieche che bordano il limite orientale dell’area carsica. Le due grotte, denominate Nagbituka 1 e Nagbituka 2, si sviluppano lungo il contatto tra calcari e rocce impermeabili e sono caratterizzate da brevi pozzi e lunghi scivoli che si percorrono in arrampicata. Le esplorazioni hanno permesso di appurare che le due grotte rappresentano dei sistemi paralleli a quello principale dell’Underground River, che corre da SW a NE lungo l’intera dorsale del St. Paul, e vanno probabilmente ad alimentare delle sorgenti poste lungo la costa calcarea. Non sono quindi collegate con il collettore principale dell’Underground River.

Nagbituka 1 è risultata essere profonda 270 m, il che ne fa una delle grotte più profonde delle Filippine, per uno sviluppo di 650 m. La seconda ha una profondità di 130 m per uno sviluppo di 450 m. Entrambe le grotte presentano grandi ambienti di crollo e gallerie laterali concrezionate. Al momento non sembrano possibili nuovi sviluppi significativi in nessuna delle due cavità. In zona esistono in ogni modo altri inghiottitoi attivi ancora da esplorare.

Nel settore sud, quello in cui si erano concentrati gli sforzi della precedente spedizione, non sono invece state scoperte grotte importanti. La zona sommitale del plateau calcareo, dove dalle foto aeree risultavano ben visibili grandi ingressi di crollo, è risultata di fatto irraggiungibile da quel lato a causa della presenza di ripidi pendii a lame calcaree affilate, difficilissimi, e molto pericolosi, da attraversare. Le squadre, benché esperte e determinate, non sono riuscite a spingersi a più di qualche centinaio di metri oltre il bordo del rilievo calcareo, senza raggiungere nessuno degli ingressi visti dalle foto aeree. Sono state invece scoperte alcune modeste cavità di contatto, alla base dei contrafforti calcarei, di sviluppo limitato e chiuse da depositi alluvionali.

Nessuna novità di rilievo, invece, dall’interno del fiume sotterraneo, dove sono state riviste alcune diramazioni rilevate durante le prime fasi esplorative (1990-1991). Sono state però individuate alcune promettenti finestre che necessitano d’attrezzature specifiche da arrampicata artificiale. All’interno del fiume sotterraneo è stato realizzato un ottimo lavoro di documentazione fotografica sulla fauna ipogea.

Myanmar 2012

Nel 2012 una spedizione internazionale capitanata da Joerg Dreybrodt ha visto ritornare uno dei soci dell'associazione sulle tracce lasciate dalla spedizione del 2005. In quella occasione sono state investigate diverse zone della regione centrale dello Shan. Il ritorno al villaggio di  Pinh-ton per riallacciare i rapporti con la popolazione locale era una parte importante della spedizione; è stato una piacevole sorpresa verificare quanto ancora  fosse vivo il ricordo degli esploratori italiani dopo 7 anni.

Solo nella spedizione del Gennaio del 2013, organizzata dal progetto Myanmar Caves Documentation Project, la risorgenza di Namun Spring è stata in parte esplorata e topografata per uno sviluppo di poco superiore al chilometro.

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